Uno scabro bianco e nero, una musica ipnotica, una fredda luce di un video proiettore che scandisce spazi, tempi e geometrie mentre un’umanità allo sbando avanza e si dibatte con una gestualità brusca, emotiva e scomposta. A poco a poco entriamo in una dimensione ipnotica ed empatica con la fatica fisica degli interpreti. “In girum imus nocte et consumimur
igni”, “Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco”, enigmatico palindromo latino dalle origini incerte che già fu scelto come titolo da Guy Debord per un famoso film del 1978, va così oltre la sua possibile interpretazione di metafora del vivere come infinito consumarsi nei desideri, per diventare un’esperienza catartica della sua, anche comica, grottesca fatica.